Sono pochi i napoletani, mi riferisco ovviamente a quelli che seguono da vicino la vita e l’attività delle nostre istituzioni, che non conoscono Candida Carrino, la direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli. Esprimo questa certezza alla luce degli straordinari risultati da lei ottenuti negli ultimi cinque anni, fino a rendere quella prestigiosa struttura uno dei poli culturali più attivi ed attrattivi d’Italia. E non solo. La direttrice Carrino ha infatti il merito di aver “aperto” l’Archivio al territorio riuscendo, proprio attraverso questa rinnovata relazione con la città, a rivitalizzarne e ad esaltarne ruolo e potenzialità. Se oggi studiosi, universitari, semplici cittadini, di Napoli e del resto d’Italia, hanno potuto conoscere e riconoscere un patrimonio storico a dir poco inestimabile lo dobbiamo soprattutto a questa scelta finalizzata all’obiettivo di maggiore integrazione e interazione tra l’Archivio di Stato e la città. Mostre, convegni, presentazioni di libri, conferenze, visite organizzate, concerti. Insomma, un incessante e ragionato susseguirsi di eventi di respiro nazionale. Mai registrato prima. Parlare e descrivere quel che di positivo ha fatto, e continua a
fare, imporrebbe la stesura di più libri. E forse andrà fatto. Risultati di grande rilievo e di ancor maggiore impatto pubblicamente riconosciuti fino a ieri dal professor Antonio Leo Tarasco, direttore generale degli Archivi di Stato presso il ministero della Cultura, cioè la massima figura apicale di quella Istituzione. Stupisce, perciò, non poco che lo stesso Tarasco abbia almeno questa è la conclusione che autorizza a tirarne la lettura dei giornali degli ultimi giorni in qualche modo avallato quella che appare, e probabilmente lo è, una vera e propria aggressione mediatica contro la direttrice Carrino, finita al centro di polemiche politico-giornalistiche per aver concesso alcune sale dell’Archivio a una coppia di sposi che proprio là aveva deciso di festeggiare le proprie nozze. Tutto fatto secondo le procedure interne e le prescrizioni di legge e tutto terminato senza il minimo danno per i documenti colà conservati. Intendiamoci: bene ha fatto il professor Tarasco a disporre un’ispezione al fine di verificare l’esistenza del presunto “scempio” accreditato dalle indiscrezioni di stampa. Meno comprensibile è che Tarasco, nella stessa lettera in cui annunciava l’ispezione emetteva inopinatamente un giudizio di “condanna” della Carrino. Da che mondo è mondo, a me sembra che prima si accertano i fatti e poi si tranciano giudizi. Perché mi chiedo e chiedo con la Carrino si sta facendo il contrario?
È possibile che i parlamentari napoletani siano così distratti da altre incombenze da non accorgersi che la direttrice di una delle più prestigiose istituzioni della nostra città rischia di essere punita per colpe che non ha e, per giunta, al termine di una procedura che, stando almeno alla lettera di Tarasco, appare tanto sospetta quanto strampalata? Al momento non è dato capire quali ragioni siano alla base di questo scriteriato attacco alla Carrino, che già vede in campo la solita sinistra con annuncio di infuocate interrogazioni parlamentari. Facciano pure, com’è loro prerogativa. Ma sappiano che per la direttrice dell’Archivio di Stato parlano i risultati raggiunti. Gli stessi, come già detto, esaltati da Tarasco, che oggi, invece, confuso, promette di sanzionarla “a prescindere”. Si accomodi anche lui. Da parte nostra il plurale è riferito a Polo Sud, l’associazione che ho l’onore di presiedere, difenderemo in ogni sede la direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli. Non per amicizia e stima, che pure rivendico, ma perché è una risorsa cui la Napoli della cultura non può e non deve rinunciare.
Amedeo Laboccetta
(dal Roma del 12 dicembre 2024)